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Gare, l’affitto di ramo d’azienda non comporta l’esclusione automatica dell’impresa

L’affitto di un ramo d’azienda operato in corso di gara da parte di una mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese non determina automaticamente l’esclusione dalla procedura del raggruppamento medesimo. In caso di affitto di ramo d’azienda – come anche nel caso di cessione di azienda o di trasformazione, fusione o scissione di società – l’affittuario – ovvero il cessionario o il soggetto risultante dalla trasformazione, fusione o scissione – è ammesso a partecipare alla gara, previa verifica della perdurante sussistenza in capo al concorrente dei requisiti di qualificazione.

Il principio si trova affermato in una recente sentenza del Consiglio di Stato, che quindi, pur in mancanza di un’esplicita previsione come quella contenuta nel vecchio Codice Appalti, respinge la tesi secondo cui il mero affitto d’azienda comporterebbe il venir meno in capo al concorrente dei requisiti di qualificazione necessari, con conseguente esclusione di quest’ultimo dalla procedura di gara.

Secondo il giudice di appello è da escludere che un atto di cessione di beni, ancorché assuma i caratteri della cessione di ramo di azienda, comporti per il cedente in via automatica la perdita dei relativi requisiti di qualificazione. Occorre invece analizzare in concreto se la cessione del ramo di azienda abbia riguardato un complesso di beni di dimensioni tali da incidere sulla struttura aziendale fino al punto da inficiare il possesso dei requisiti di qualificazione.

Ma accanto a questo aspetto, che attiene ai requisiti del cedente, il Consiglio di Stato richiama anche una diversa prospettiva, che attiene alla posizione del cessionario del ramo di azienda e al suo eventuale subentro nell’ambito della procedura di gara in corso. Ricorda infatti il giudice amministrativo che il previgente regime normativo (Codice Appalti del 2006) prevedeva che in caso di cessione o affitto di azienda o ramo di azienda o di trasformazione, fusione o scissione di società, il cessionario, l’affittuario ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione subentrano nella procedura di gara in corso, previa verifica del possesso dei requisiti generali e speciali.

Nel richiamare questa norma il Consiglio di Stato ritiene che, pur in mancanza di un’analoga disposizione nel nuovo Codice Appalti, il principio fondamentale in essa affermato volto a consentire modifiche soggettive dei concorrenti nel corso della procedura di gara debba continuare a ricevere applicazione anche nel vigente assetto normativo.

Inoltre il Consiglio di Stato si è pronunciato anche un secondo motivo di censura, relativo alla contestuale indicazione in sede di offerta di uno stesso subappaltatore da parte di due concorrenti.Ciò, secondo il ricorrente, avrebbe comportato l’instaurarsi di una relazione di fatto tra i due concorrenti idonea ad alterare il regolare svolgimento della gara, poiché la presenza del medesimo subappaltatore avrebbe comportato la possibilità di conoscere le reciproche intenzioni in ordine alla formulazione delle relative offerte. Anche questa censura è stata respinta dal Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo evidenzia come la situazione di controllo o la situazione di fatto non siano sufficienti per dimostrare l’esistenza della concertazione: occorrono infatti elementi univoci tali da provare che le offerte siano effettivamente riconducibili ad un unico centro decisionale. Tale prova deve essere fornita da chi invoca il ricorrere della causa di esclusione e deve fondarsi sia sulla struttura imprenditoriale dei due offerenti che sul contenuto delle offerte. In questa logica il fatto che un medesimo soggetto sia designato subappaltatore di due concorrenti non può essere considerato elemento di per sé sufficiente a provare l’esistenza di una concertazione delle relative offerte e nemmeno di un condizionamento nella formulazione delle stesse.

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