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Primi segnali di ripartenza. Lettera aperta del presidente di Unindustria Calabria

Superata la “tempesta” di dati di questi giorni e le conseguenti interpretazioni, alcune pertinenti e convincenti altre molto meno, vorrei provare a proporre una linea di ragionamento più serena che provi ad allungare lo sguardo oltre la contingenza, cercando di allargare gli orizzonti temporali.

Una prima cosa certa è che l’economia meridionale continua a mostrare molti elementi di seria preoccupazione. La seconda è che, per la prima volta dall’inizio della crisi, si intravvedono segnali di ripartenza incoraggianti. Questa è una novità rilevante che può spingere a guardare avanti con ottimismo, anche se in maniera molto cauta.

Infatti, le ferite che sette lunghi anni di crisi hanno aperto nell’economia e nella società meridionale fanno rabbrividire: dal PIL calato di oltre 50 miliardi di euro, ai quasi 500 mila occupati in meno; dagli investimenti fissi lordi diminuiti di oltre 28 miliardi di euro l’anno, alla ridotta consistenza numerica dell’apparato produttivo meridionale.

Proseguendo nell’analisi dei dati, dal sistema delle imprese emergono primi segnali positivi che meritano di essere incoraggiati e supportati con favore: il saldo positivo tra imprese nate e cessate, la ripresa di fatturato e margini delle imprese più dinamiche, il miglioramento dei rating bancari di numerose società di capitali meridionali ed il loro costante aumento di numero, la significativa crescita delle esportazioni di settori importanti come l’agroalimentare, la meccanica e l’automotive.

Tutto ciò mostra un tessuto produttivo ancora sofferente, più ristretto dal punto di vista quantitativo, ma verosimilmente più sano, competitivo e pronto a ripartire. I 47 mila occupati in più nel primo trimestre dell’anno (di cui 18 mila relativi all’industria in senso stretto) ed il calo sensibile della cassa integrazione, suggeriscono inoltre che, forse, questi semi di vitalità iniziano a tradursi anche in occasioni di lavoro e dunque in aumento del reddito disponibile. La crescita robusta delle presenze e della spesa di turisti stranieri nelle regioni meridionali (700 mila in più nel solo 2014) ci mostra altresì che un modello virtuoso di positiva integrazione tra manifattura, agroindustria e turismo, potenzialmente capace di portare il Sud fuori dalla crisi, potrebbe essere stato finalmente individuato.

La nostra Calabria, che pure ha sofferto e continua a soffrire più di altre regioni, inizia a mostrare qualche segnale positivo, seppure estremamente timido. Il saldo tra imprese cessate e iscritte, nel 2014, è positivo per oltre 1700 unità e le esportazioni nei primi 3 mesi del 2015, fanno registrare una crescita del 23,3% rispetto ad un anno fa, anche se i valori assoluti restano contenuti, vale la pena registrare l’avvenuta inversione di tendenza.

La CIG è in calo del 50% rispetto ad un anno fa, mentre l’erosione di fatturato e margini delle PMI di capitali sembra rallentare e con essi il costo del credito a breve, pur restando più alto perfino della media del Mezzogiorno. Ed ancora, torna a crescere la fruizione di prodotti culturali che rappresenta un indicatore di tendenziale miglioramento della situazione economica e di attrattività turistica.

Che cosa manca per trasformare questi segnali in una vera e propria ripresa? Manca una politica capace di adottare l’obiettivo della crescita dell’economia meridionale, e quindi di tutto il Paese, come stella polare della propria azione economica. Una politica capace di mettersi dal punto di vista delle imprese assecondandone gli sforzi, rimuovendo gli ostacoli alla loro azione, lavorando per rendere il territorio meridionale un posto migliore per vivere e lavorare. Situazioni come quelle del viadotto crollato sull’autostrada Salerno – Reggio Calabria o il Porto di Gioia Tauro che aspetta ancora un’area industriale degna di questo nome, sono le immagini di un Mezzogiorno che non vorremmo vedere più.

Sentiamo molto più nostre, come ama ripetere il vice presidente di Confindustria per il Mezzogiorno Laterza, quelle di bandierine blu dell’UE fuori da una scuola, in un centro di ricerca, in un asilo ed ai cancelli di un’area di sviluppo industriale.

Per non limitarsi alle sole analisi, ai rituali fatti di recriminazioni e di individuazioni di responsabilità sempre in carico a qualcun altro, Unindustria Calabria insieme alle Organizzazioni Sindacali ha offerto una serie di proposte operative contenute in un documento articolato denominato “Un Patto per la Calabria”. Una scelta fatta nella consapevolezza che oggi la vera sfida non è quella del facile populismo o dell’ancora più facile demagogia, la sfida vera è quella di avere il coraggio di rischiare la proposta offrendola in maniera trasparente alla possibilità di confronto, arricchimento ed implementazione. Non mi pare un contributo di poco conto, soprattutto per quanto attiene all’assunzione di responsabilità.

Con una Giunta Regionale finalmente completata e con uffici, si spera, razionalizzati, efficienti, maggiormente operativi e ben diretti, siamo certi che il Presidente Oliverio potrà rendere attivo il necessario momento di confronto.

Gli oltre 100 miliardi di euro della politica di coesione comunitaria e nazionale che saranno a disposizione delle regioni meridionali nei prossimi nove anni possono fare molto per cambiare il volto del Mezzogiorno e ricostruire una immagine del Sud fatta di coraggio e di voglia di fare. Ma non basta la loro disponibilità per trasformarli in occasioni di investimento per le imprese, in servizi migliori per i cittadini, in nuove competenze per i lavoratori ed in opportunità di lavoro per i giovani. Il Mezzogiorno, con un PIL complessivo di oltre 300 miliardi di euro, poco meno di 6 milioni di occupati, più di un milione di imprese ed oltre 40 miliardi di euro di merci esportate, con tutta evidenza non è la Grecia, come pure qualche osservatore, che con qualche eufemismo potremmo definire disattento, sostiene in maniera quanto meno frettolosa e semplicistica.

Il Mezzogiorno può veramente diventare il motore di sviluppo per tutto il Paese tanto in termini di ripresa della domanda interna che come attrattore di investimenti anche di ritorno dall’estero soprattutto per nicchie di specializzazione. Quello che serve è un disegno complessivo e coerente da parte di Governo e Regioni, in stretto coordinamento tra di loro, supportato da adeguate capacità di guida e sostenibilità finanziaria, anche per non ripetere gli errori del passato che invece, pare, si stiano già puntualmente ripresentando. In una parola, c’è bisogno di una Politica che sappia mettere in campo politiche di sistema efficaci e lungimiranti.

Il Presidente del Consiglio Renzi ha indetto per venerdì prossimo una riunione della direzione nazionale del proprio partito con all’ordine del giorno: il Mezzogiorno.

Siamo alla vigilia di quei giorni nei quali il “generale agosto” finisce per prendere il sopravvento su tutto. Senza voler “appesantire” un clima che si presenta quanto meno torrido vorremmo ricordare al Presidente Renzi una lezione di Guido Dorso che teniamo sempre ben presente per non cercare di non smarrire la giusta rotta: “Il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà”.

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